Venezia nel segno di Queer, Craig bye bye Bond
Almodovar ospite di Guadagnino. In concorso anche Harvest
(dell'inviata Alessandra Magliaro) Batte forte un cuore Queer a Venezia 81. È il giorno del nuovo film di Luca Guadagnino, terzo dei cinque film italiani in corsa per il Leone d'oro, e porta sul red carpet, oltre all'amato regista di Chiamami col tuo nome, un protagonista come Daniel Craig. Ospite del tappeto rosso anche l'amico Pedro Almodovar che ieri ha infiammato con La stanza accanto con Tilda Swinton e Julia Roberts. L'altro film del concorso è Harvest, adattamento del romanzo di Jim Kreis che la regista greca Athina Rachel Tsangari ha realizzato con Caleb Landry Jones tra i protagonisti di una storia sulla rivoluzione agricola inglese. Tra premi e convegni (praticamente un festival che viaggia parallelo), altri film di giornata sono Bestiari, Erbari, Lapidari di Massimo D'Anolfi e Martina Parenti, fuori concorso e in uscita a ottobre con Luce Cinecittà e Taxi Monamour, unico film italiano in gara alle Giornate degli Autori (in sala dal 4 settembre con Adler Entertainment) con la regia di Ciro De Caro, dramedy intensa e intima con due donne protagoniste Rosa Palasciano, anche coautrice della sceneggiatura, e Yeva Sai (Mare Fuori). Intanto arrivano i primi numeri di Venezia 81, superato il giro di boa di metà Mostra e confermano quello che empiricamente è visibile nell'affollamento delle proiezioni: aumentano dell'11% i biglietti d'ingresso venduti al pubblico per un totale di quasi 60mila (59.729) di cui 1.747 abbonamenti (+25% sul 2023), a lunedì 2 settembre, bilancio finale l'8 settembre a mostra conclusa. Il film del giorno è senza dubbio Queer, l'atteso nuovo Guadagnino con Daniel Craig nel ruolo dell'alter ego dello scrittore William S. Burroughs, omosessuale, alcolista e dipendente da stupefacenti. Preceduto dalla fama di film 'scandalo', ad alto tasso di sesso gay, come dal romanzo di uno dei padri letterari della Beat Generation con Kerouac, vede appunto l'ex James Bond expat americano nella Città del Messico sordida degli anni '50, che perde la testa per il giovane Eugene Allerton (Drew Starkey), un incontro che diventa attrazione fatale. "Volevamo che sembrasse reale, toccante, naturale anche se sappiamo che niente di ciò che accade sul set è intimo, decine di persone ti guardano. E così per rompere la tensione abbiamo ballato, poi il resto è arrivato" dice Craig sulle scene di sesso con Starkey. Archiviato il tema sesso si parla di tutto il resto, della ricostruzione dell'epoca, con costumi meravigliosi, e della storia raccontata da Burroughs (in Italia pubblicato da Adelphi nel 1985 con il titolo Checca) che da anni e anni Guadagnino voleva far diventare film. Con una produzione importante, girata in parte a Cinecittà, realizzata dallo stesso regista con la sua società Frenesy e da Lorenzo Mieli per The Apartment, il film Fremantle sarà, dopo il passaggio a Venezia 81 in cui è in gara per il Leone d'oro, in sala in Italia con Lucky Red. "Quando lessi il libro di William Burroughs avevo 17 anni, quel romanzo ha segnato la mia adolescenza, ne ho cercato i diritti per anni, poi ho avuto la fortuna di lavorare con Justin Kuritzkes in Challengers e parlare di nuovo del romanzo con lui. Abbiamo deciso di tentare: i diritti di trasposizione erano disponibili ed è stata una gioia, il sogno di una vita si avverava", dice il regista di Chiamami col tuo nome all'ANSA. Guadagnino è un conoscitore di Burroughs: "Queer è il mio preferito, ha questa forma stupenda, picaresca, con un protagonista che gira la notte, va nei bar, parla di continuo, intrattiene, è comico, buffo, tragico fragile, nudo e poi bam! incontra qualcuno che lo incontra a sua volta, ed è come se questo incontro fosse inevitabile, inesorabile". Al centro di questa avventura, che da Città del Messico, dalla suburra della comunità degli americani espatriati, omosessuali, bevitori, gaudenti si sposta in Sud America alla ricerca della yage, la radice che dà la telepatia, c'è però la grande solitudine allucinata e tossica del protagonista Craig. Teme un'etichetta di scandalo per Queer (alla prima stampa anche qualche solitario buu)? "Ha una complessità di significati diversi rispetto ad oggi. All'epoca di Burroughs, Queer voleva dire checca, frocio un termine denigratorio oppure persona strana, diversa. Moralmente? Non lo so, non mi sono mai posto i problemi della morale e non mi interessa. Queer per me è una profonda radicale storia d'amore che ci riporta alla condizione terminale di essere umani, cioè che siamo soli". E così il protagonista della saga di James Bond è diventato Lee, l'alter ego dello scrittore. Dice Craig di non avere paura di spiazzare il pubblico con un personaggio omosessuale dopo un macho come Bond: "Non ho alcun controllo sulla mia immagine, scelgo di interpretare ruoli che rappresentano una sfida, per me stesso e per il pubblico, cercando di essere il più interessante e creativo". Arrivano in serata le prime recensioni internazionali per il film che in America è stato preso da A24 e che potrebbe portare verso l'Oscar. "Craig è ipnotico nel dramma erotico di Guadagnino", scrive The Guardian. "Straziante nel profondo caleidoscopio di amore non corrisposto" è il titolo di Indiewire, "Craig centra lo spirito sardonico dello scrittore William S. Burroughs nel superbo adattamento letterario di Luca Guadagnino" commenta Deadline.
(O.Robinson--TAG)