Giardini Filarmonica, i percussionisti giapponesi Munedaiko
Il 2 luglio anche Boccadoro e le vite parallele di Bach e Prince
Tornano il 2 luglio ai Giardini della Filarmonica i tamburi giapponesi dei Munedaiko. Il concerto, in programma alle 21:30 per la rassegna estiva della Accademia Filarmonica Romana, è realizzato in collaborazione con l'Istituto Giapponese di Cultura. "Il suono e la vibrazione del Taiko sono in grado di scuotere le fondamenta del cuore umano. Se ascoltiamo attentamente, il nostro stesso cuore batte in modo ritmico" spiega il percussionista Mugen Yahiro che ha fondato il gruppo nel 2014 con i suoi due fratelli Naomitsu e Tokinari Yahiro per promuovere e valorizzare lo strumento in Italia e in Europa e diffonderne la pratica. Quella del taiko è musica ancestrale, le cui prime origini risalgono a circa 2000 anni fa, spesso usato in battaglia per intimorire e spaventare i nemici. Nella credenza popolare giapponese si dice che con la sua vibrazione sia in grado di purificare l'ambiente in cui viene suonato scacciando i demoni o le impurità che lo abitano. Nei villaggi le feste venivano celebrate con il suono del tamburo, la gente lo suonava per rallegrare ed elevare lo stato d'animo. È da queste feste che si sono sviluppati gran parte dei ritmi tradizionali, fonte di ispirazione per tutti i percussionisti di taiko moderni. Lo scopo di chi "pratica" il taiko è manifestare la propria forza interiore, creando una condizione di armonia nel corpo, nel cuore e nella mente e condividerla con chi gli è vicino. Alle 20 è in programma l'ultimo incontro di "Intorno a un libro" dedicato al volume di Carlo Boccadoro Bach e Prince. Vite parallele (Einaudi, 2021). L' autore dialogare con Emanuele Franceschetti, tra gli interventi musicali al violoncellista Enrico Dindo, anche direttore artistico della Filarmonica. Compositore e direttore d'orchestra, Boccadoro si domanda cosa accomuni due grandi interpreti del proprio tempo come Bach e Prince. protagonisti di autentiche svolte nella storia della musica. Che uno lo abbia fatto nel Settecento e l'altro nell'èra di Mtv, non cambia la questione, anzi è proprio ciò che la rende così affascinante. "Mi piace credere - racconta l'autore - che se questi due grandi artisti avessero avuto la possibilità di incontrarsi si sarebbero stretti la mano".
(T.Wright--TAG)